Elezione del sindaco a Matera: cronaca di una sconfitta annunciata

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Matera ha scelto. Lo ha fatto in un clima teso, spesso caotico, al termine di una campagna elettorale piena di contraddizioni, errori strategici e sprazzi di novità. I dati parlano chiaro: il candidato sindaco Roberto Cifarelli ha perso 720 voti rispetto al primo turno, mentre Antonio Nicoletti ne ha guadagnati ben 2.100, conquistando la fascia tricolore.

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Ma cosa c’è davvero dietro questi numeri? Quali sono le ragioni profonde della sconfitta di Cifarelli e della vittoria di Nicoletti? Abbiamo provato a cercare le cause e per capirlo occorre andare oltre le percentuali e analizzare i comportamenti politici, comunicativi e culturali di questa tornata elettorale.

1. Il limite dei personalismi: una coalizione disunita
Nel primo turno, molti candidati della coalizione di Cifarelli hanno guardato più ai propri voti di preferenza che al risultato complessivo del candidato sindaco. Invece di costruire una narrazione collettiva e un fronte compatto, hanno frammentato il consenso. Era un’occasione storica: la vittoria poteva avvenire già al primo turno. Ma la mancanza di coesione ha fatto il gioco dell’avversario. Non è mancato qualche franco tiratore che al secondo turno ha votato Nicoletti.

2. La confusione comunicativa: “centrosinistra cancellato”
Uno dei punti più critici è stata la mancanza di chiarezza comunicativa. La campagna di Cifarelli ha oscillato tra identità differenti: centrosinistra? campo progressista? riformista? Senza considerare l’assenza del logo PD, considerando che Cifarelli è da sempre un rappresentante del Partito Democratico cittadino. A confondere definitivamente l’elettorato è arrivata la frase, infelice e politicamente ambigua, pronunciata in un confronto pubblico: “Si può cancellare la parola centrosinistra”. Un autogol comunicativo che ha destabilizzato la base storica del centrosinistra materano. Inoltre dopo il primo turno la narrazione dei candidati parlava già di vittoria già annunciata da confermare.

3. La leadership gentile di Nicoletti
Nicoletti ha vinto anche (e forse soprattutto) con il tono. Di fronte alla vecchia retorica del duello, della sfida muscolare, ha proposto un modello diverso: sobrio, pacato, quasi rassicurante. Ha evitato lo scontro diretto, ha parlato alle persone più che contro l’avversario. In un tempo di incertezza, l’elettore cerca serenità. E Nicoletti ha incarnato questo bisogno.

4. La parabola dei 100 giovani
Uno degli assi narrativi della campagna di Cifarelli era il coinvolgimento di “100 giovani”. Dovevano essere la spinta fresca e innovativa del progetto. Ma col passare dei giorni si sono rarefatti, dispersi, fino a rimanere in pochi. Da occasione a boomerang: un simbolo della distanza tra slogan e realtà.

5. Promesse irrealistiche e ansia da prestazione
Negli ultimi giorni, la campagna elettorale di Cifarelli ha mostrato segni evidenti di affanno. Nel tentativo di recuperare consensi, il candidato sindaco si è lanciato in promesse percepite come inverosimili: 487 nuovi alloggi in 5 anni (27+60+200 nuove case popolari 200 case per giovani), nuovi presidi sanitari, ma poca attenzione al tessuto produttivo, alle imprese, alle infrastrutture. Più che proposte, sembravano tentativi disperati di recuperare terreno.

6. Social come ring, non come agorà
Un altro grande errore condiviso è stato l’uso tossico dei social network. Più che luoghi di confronto, si sono trasformati in arene infuocate, dove bande di tifosi di entrambe le parti hanno alimentato divisioni, rancori, fake news. Alla fine hanno allontanato gli indecisi, facendo perdere voti a tutti. E soprattutto, hanno perso l’occasione di fare vera politica, con contenuti e idee.

7. Il caso del messaggio della domenica: l’ultimo boomerang
Nel giorno del voto, alcuni cittadini hanno ricevuto un messaggio SMS ambiguo che offriva un servizio NCC gratuito a chi avesse manifestato l’intenzione di votare per il candidato Cifarelli. Un’iniziativa probabilmente pensata con un fine sociale per mobilitare l’elettorato dell’ultima ora, ma che si è rivelata un clamoroso errore di comunicazione. Il tono del messaggio – tra il promozionale e il borderline – ha sollevato dubbi di opportunità e legalità, diventando immediatamente un boomerang mediatico. Invece di scaldare i sostenitori, ha finito per alimentare polemiche, rafforzando la percezione di una campagna in affanno fino all’ultimo minuto.

8. La figura del sindaco come un “Messia” e l’assenza del complemento oggetto
Un ulteriore errore strategico è stato l’uso di slogan comunicativi poco efficaci, a tratti fastidiosi. Il mantra ripetuto “Lo sa fare” senza specificare cosa, è stato percepito da molti come espressione di superiorità e saccenza, non supportato da un racconto credibile su “come” e “con chi” farlo.

Peggio ancora, lo slogan “Roberto salvaci tu”, urlato durante un sit-in davanti all’ospedale di Matera, ha evocato un tono da Messia, come se si attendesse un sindaco-salvatore capace di risolvere miracolosamente i problemi complessi della sanità che, peraltro, non rientra nei poteri del primo cittadino. Una retorica demagogica e paternalistica che ha probabilmente allontanato proprio quei cittadini che cercavano concretezza e serietà. In una città matura come Matera, certe scorciatoie comunicative si pagano. Il Messia meglio lasciarlo alla narrazione religiosa ed tornare ad usare il complemento oggetto.

Cosa resta: la fine di un modello?
Le elezioni comunali di Matera ci dicono molto più del semplice cambio di amministrazione. Raccontano la crisi di una certa idea di politica: autoreferenziale, poco empatica, spesso scollegata dai bisogni reali dei cittadini. E al tempo stesso, mostrano che la gentilezza, la sobrietà, la coerenza possono essere armi vincenti, anche in un contesto difficile come era quello di Matera a questo giro. La sconfitta di Cifarelli non è solo nei numeri, ma nel fallimento di un metodo. La vittoria di Nicoletti, invece, è anche il segnale che una nuova generazione di leadership può emergere, se riesce a coniugare ascolto, credibilità e concretezza.

Il silenzio meglio di mille parole
In alcuni casi, meglio sarebbe stato tacere e attendere un errore dell’avversario, piuttosto che forzare la mano con azioni che hanno dato l’impressione di disperazione. La fretta di voler dimostrare qualcosa a tutti i costi ha solo evidenziato le crepe di una strategia che, fino all’ultimo, si è rivelata poco efficace.

Ultimora!
Continuano i post al veleno sui social da parte di pseudo-influencer legati alla coalizione sconfitta. Commenti, accuse e malumori che non aiutano il dibattito e che dimostrano come la sconfitta non sia ancora stata digerita. Invece di avviare una riflessione seria e costruttiva, si alimenta un clima rancoroso che rischia di danneggiare ulteriormente chi già è uscito con le ossa rotte da questa tornata elettorale.

Il resto è storia. E la politica, se vuole ancora essere utile, deve tornare ad essere protagonista tra la gente con un confronto sincero e leale.

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